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18 July 2014

ANALISI DEL TESTO: “PREFAZIONE ALLA COSCIENZA DI ZENO”

Italo Svevo
“La coscienza di Zeno” è il terzo libro pubblicato dallo scrittore triestino Italo Svevo ed è considerato il primo romanzo psicoanalitico della nostra letteratura.

Durante la stesura di questa storia, l'autore sfruttò ampiamente le sue conoscenze delle teorie freudiane, ce lo fa capire fin da subito lasciandoci un indizio proprio nella prefazione scritta in prima persona da un certo “Dottor S.”, un chiaro riferimento a Sigmund Freud. In questa prima parte, vengono presentati alcuni concetti e dettagli che serviranno da chiave di lettura per l'intera narrazione. In primo luogo viene introdotto il personaggio del dottore, uno psicoanalista che aveva in cura il protagonista Zeno Cosini (la voce narrante dei prossimi capitoli). Quest'ultimo ci è descritto dal medico in maniera vaga e non molto approfondita (non viene menzionato neanche il nome) lasciando più spazio all'originale e curiosa introduzione che Svevo volle dare al suo componimento, infatti dalla prefazione si evince che Zeno abbia interrotto di punto in bianco la terapia psicoanalitica prescrittagli dal Dottor S. proprio quando stava dando i risultati sperati. Travolto da un sentimento di ripicca e vendetta per le ore di lavoro ed analisi mandate in fumo dal protagonista, il medico decide di pubblicare l'autobiografia di Zeno che egli stesso gli aveva consigliato di scrivere come cura, augurandosi che questo gesto possa dispiacere al suo ex paziente.


Sin dalle prime righe si nota subito che tra i non ci sia un buon rapporto, ma piuttosto un'intesa burrascosa corredata da “parole poco lusinghiere” tuttavia però il dottore appare come una figura professionale, volenterosa di risolvere il caso di Cosini attraverso l'utilizzo di tecniche che a quel tempo erano solo agli inizi del loro sviluppo, lo si capisce dalla frase “gli studiosi di psicoanalisi arricceranno il naso a tanta novità”.
Questo nuovo tipo di cura doveva servire a Zeno a cercare di trovare il motivo del suo malessere attuale, della sua inettitudine, e provare ad estirparlo per sempre una volta ripercorsa la sua intera vita passata attraverso i ricordi, le scelte fatte e le sensazioni provate in determinate situazioni. Purtroppo però tutto questo percorso di rinascita non è stato portato a termine da Zeno scatenando lo spirito vendicativo del dottore e vanificando in parte l'imposizione di professionalità che lo psicoanalista voleva dare.

Il modo di scrivere del Dottor S. appare in certi versi subdolo ma a tratti ironico specialmente quando dice che egli è “pronto di dividere con lui i lauti onorari” ricavati dalla pubblicazione del manoscritto.

Analizzando le parole usate per riferirsi al racconto, ci si accorge che il medico cambia spesso denominazione iniziando con “novella” per far dedurre immediatamente al lettore che non tutto quello che è scritto nell'opera corrisponde alla realtà e quindi alle vere vicende della vita di Zeno Cosini, ma che egli ne abbia scritto una versione verosimile, non del tutto attinente ai fatti. In questo modo il dottore ci fa capire che aveva preso nota delle bugie presenti nel diario e sarebbero state uno dei punti principali della sua analisi.
Il secondo termine usato è “autobiografia” per sottolineare il fatto che si tratta della storia della vita di un suo paziente scritta interamente da quest'ultimo.
L'ultima parola usata è “memorie”, seppur simile all'appellativo usato precedentemente, con questo sostantivo si ribadisce ancor di più il fatto che si tratta di ricordi e di conseguenza opinioni personali immerse in una visione soggettiva del protagonista.

Con questa prefazione, Italo Svevo ci vuole dare solo un assaggio della spettacolarità e unicità del suo romanzo. In poche righe riesce ad attirare l'attenzione e la curiosità anche del lettore più distratto con la sua originale e quando mai banale introduzione.
E' facile provare ad immedesimarsi nell'inetto Zeno Cosini e trovare similitudini ad esempio nella sua dipendenza dal fumo e la nostra, nella promessa fatta a se stesso di smettere dopo “l'ultima sigaretta” e il non riuscire mai a mantenerla. L'intera storia è ricca di episodi facilmente riconducibili alla vita di ognuno di noi e forse è proprio per questo che Zeno alla fine del romanzo capirà che è l'intera umanità ad essere malata e lui non lo è più degli altri che considerava sani e normali e, mentre i cosiddetti non malati, sicuri di non esserlo, non proveranno mai a cambiare il loro stato esistenziale, l'inetto che ha capito di esserlo è sempre aperto al cambiamento, sopperendo la staticità di chi si considera perfetto.

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