Diomedeidae, Albatro |
La poesia inizia con l’avverbio “spesso” per indurre a pensare ad un’azione ricorrente, viene poi spiegato il perché quest’azione viene compiuta, per il divertimento dei marinai. Infine l’immagine si sposta sul personaggio chiave dell’intera poesia, l’albatro, un grande uccello che vive nelle vicinanze dei mari, e viene descritto come un indolente compagno di viaggio, quindi come un animale forte e capace di seguire in volo le traversate delle navi in piena armonia e rispetto di quest’ultime. Questo perfetto connubio però viene interrotto dal gesto spregevole dei marinai, nella seconda strofa infatti, sono passati all’azione e hanno appena posato il grande uccello sul pavimento della nave, l’immagine torna quindi sullo scherzo crudele che i marinai compiono nei confronti degli albatri.
L’inadeguatezza dell’uccello sul pavimento della nave viene raccontata dalle grandi ali bianche che sono paragonate a remi che l’animale è costretto a strascinare per camminare, le stesse ali che un tempo gli servivano per dominare il cielo e quindi essere il re dell’azzurro. Nella terza quartina viene ancora sottolineato lo stato di malessere dell’albatro lontano dal suo regno ricordando però che prima era “così bello”. I marinai continuano a beffeggiarlo e a mimare i sui movimenti goffi.
Nell’ultima strofa finalmente ci viene spiegato tutto, il poeta è paragonato all’albatro e quindi tutti gli avvenimenti dei versi precedenti sono analogie alla vita e alle situazioni del poeta. I marinai sono le persone normali, gli ignoranti incapaci di comprendere l’intelligenza, la sensibilità e la fantasia del poeta, queste qualità invece sono le grandi ali bianche che il poeta è costretto, come l’albatro, a strascinarsi dietro una volta esiliato dal suo regno, apparendo goffo, comico e brutto agli occhi degli ignoranti che provano anche a mimare scherzosamente il volo dell’albatro, ma non si accorgono che stanno solo mettendo in evidenza il loro mancato possedimento delle ali che permettono al poeta e all’uccello di essere liberi. Il poeta come l’albatro è quindi “principe dei nembi” e il suo posto è quello, a volare e dominare il cielo con le sue magnifiche ali, mentre purtroppo nella poesia come nella vita è costretto all’esilio sulla terra.
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